Panico

27.07.2012 15:30

Inizialmente, non era proprio panico, erano sensazioni strane che provavo all'improvviso, la prima volta mi capitò in un'aula dell'università di Torino, provai un disagio difficile da descrivere, mi sembrava di avere le vertigini,debolezza, non riuscivo più a stare fermo, avevo paura di svenire. Non riuscivo quasi mai a seguire una lezione fino alla fine in un'aula, dopo poco dovevo uscire in strada buttarmi fra la folla, senza pensare e dopo un po' mi passava, girovagavo per la città, prendevo il tram senza una meta, senza concludere nulla, ma almeno dopo un po' mi sentivo meglio e tornavo a casa. Non terminai nemmeno il primo anno di università, fu l'ennesima sconfitta, decisi di tornare al mio paese e fare il servizio civile. Questa sensazione, però, ogni tanto tornava, magari in una sala d'aspetto o anche al bar con gli amici. Davo la colpa alla pressione bassa anche senza misurarla. Non riuscivo a stare fermo avevo paura di svenire e anche in questo caso  uscivo  e  camminavo. Iniziai a fare il sevizio civile e dopo un po' di mesi mi arrivò il primo attacco di panico forte. Mi occupavo delle persone anziane per i servizi  sociali della mia città, Alba, ogni tanto in quel periodo avevo come l'impressione che il cuore saltasse un battito, come se si fermasse per un  secondo, un giorno provai questa sensazione più forte del solito e immediatamente un calore fortissimo al viso, il batticuore e una grande agitazione. Cercai di non farlo vedere a nessuno, però, dopo un po' dovetti andare con un mio collega a casa di un signore per un servizio, l'abitazione era vicino all'ufficio e decidemmo di andare a piedi. In strada,iniziai ad avere il capogiro, non potei fare a meno di dirlo al mio collega e dopo pochi metri mi disse di fermarmi e di andare a prendere un caffé al bar, di aspettarlo che avrebbe fatto da solo. Ordinai un cappuccino ma non riuscii a berlo, tornammo in ufficio e io continuavo a stare male, pensavo di avere un problema al cuore, il tremore non passava, anzi aumentava! Passato un po' di tempo i miei colleghi mi consigliarono di andare a casa. Salii in macchina e dopo meno di un un chilometro mi dovetti fermare perché tremavo. Fortunatamente due miei compagni, che si erano accorti che non ero in condizione di guidare, mi avevano seguito e  telefonarono ai miei genitori che vennero a prendermi. Nell'attesa pensai più volte di morire, mi sentivo soffocare. Iniziò da quel momento un periodo molto brutto,la paura di stare di nuovo male come la prima volta è terribile, all'inizio non conosci il panico, pensi a mille altre cose, non sai come spiegare agli altri le tue sensazioni, la testa gira ti senti mancare, il cuore batte forte, non riesci a calmarti, non puoi stare fermo, soprattutto diventa difficile anche respirare, manca l’aria, ti senti soffocare, pensi di essere sul punto di morire. Quando passa rimani distrutto, hai paura che possa arrivare un altro attacco all’improvviso, vivi con la paura ogni attimo, ogni giorno e pian piano perdi tutto quello che avevi costruito, perdi le tue certezze, diventa difficile ogni cosa, anche la più banale. Gli attacchi possono venire in ogni momento, mentre guidi, spesso mi sentivo soffocare e aprivo d'istinto la portiera quando ero fermo al semaforo, mi veniva il panico nelle strade dove non c'era il posto per fermare nell'ipotesi di un eventuale attacco di panico che poi magari mi veniva veramente, oppure sulla  tangenziale, su una strada a senso unico, dove non potevo improvvisamente invertire il senso di marcia in caso di bisogno. Potevo stare male anche solo se sentivo una frenata distante, poteva capitare al supermercato,non sapevo dove appoggiarmi se mi veniva il capogiro, avevo paura che la gente se ne accorgesse, oppure in ufficio, al cinema, una volta ero in mezzo ad una fila, ho cercato di resistere il più possibile ma poi ho dovuto fare alzare tutti perché mi mancava l'aria. Il problema é cercare di nascondere tutto e fingere una vita normale, impossibile da realizzare, non si può nascondere questo disagio, pian piano rinunci a tutto. Ad un certo punto, non riuscivo nemmeno più ad attraversare la strada per gettare la  spazzatura senza avere giramenti di testa. Vorresti fare la stessa vita che facevi prima e quando tornano gli attacchi, li vorresti nascondere, ma è  difficilissimo. Sembrava tutto sotto controllo, in quel periodo, eppure sono arrivati, forse dal passato. Ricordo che avevo sempre un botticino di en con me, mi dava sicurezza, cercavo di farne a meno, speravo di resistere e ci riuscii parecchie volte perché la voglia di rinascere fu più grande della paura, volevo ricominciare a fare le cose che facevo prima senza difficoltà, volevo stare bene, vivere, ma, appena uscivo di casa stavo male. La rinascita fu  lunga e complicata, dovetti imparare di nuovo tutto anche le cose più semplici, ogni volta che riuscivo ad andare ad Alba da solo era una piccola vittoria, ogni volta che prendevo il treno da solo, oppure quando riuscivo a resistere e facevo la fila. Si perché chi ha gli attacchi di panico ha paura di rimanere in un luogo pubblico da solo e soprattutto lontano da casa perché c’è sempre il terrore di stare male senza sapere a chi chiedere aiuto, senza riferimenti. Quando i problemi e il disagio portano solitudine e isolamento, si entra in un tunnel pericoloso ed é molto difficile uscirne. Il buio ci avvolge e sembra impossibile proseguire nel nostro viaggio, in questi momenti ogni debole raggio di sole che scorgiamo ci può sembrare la salvezza per trovare l'uscita. Queste sensazioni le ho provate in prima persona durante un periodo in cui mi sentivo solo perché non riuscivo più a trovare nulla in comune con le persone che mi circondavano e questo spazio di tempo coincise con l'arrivo di internet a casa mia: era un mondo nuovo affascinante e sconosciuto, da tanto aspettavo di poter usare questa nuova tecnologia, erano i primi anni, la connessione era lentissima, 56K, tuttavia, mi accorsi che sarebbe stato il futuro delle comunicazioni e non solo, anche nella musica. Ricordo le prime esperienze con gli mp3, con Vitaminic e soprattutto Napster, nella migliore delle ipotesi ci impiegavo una nottata intera per scaricare anche solo una canzone perché, spesso cadeva la linea proprio quando il download stava per terminare e non c'era la possibilità di continuare al riavvio successivo, ma, bisognava ricominciarre dall'inizio, se si trovava la stessa canzone e soprattutto se ripartiva il download. Nello stesso periodo ero molto incuriosito anche dalle chat, ne avevo sentito parlare e pensavo fossero delle fregature, però decisi di provare, non avevo niente da perdere, anche perché quasi tutti i vecchi amici non c'erano più, avevo l'impressione di non essere capito e le idee delle persone che avevo attorno mi sembravano anni luce distanti dalle mie. Mi iscrissi quindi ad un sito chiamato Atlantide, un portale che dava la possibilità di creare un profilo per chattare nelle varie stanze. Iniziai a frequentare quel luogo e spesso ci rimanevo tutta la notte, era diventato come un bar e per me un rito, non entravo mai prima di mezzanotte, musica in sottofondo, birra e sigarette a portata di mano e la notte passava velocemente. Era quasi un vizio perché la chat é il luogo ideale per i timidi, dal momento che é possibile dire tutto quello che si pensa, c'é la possibilità di aprirsi ed esporre i problemi e le debolezze, senza paura che dall'altra parte ci possa essere un giudizio severo perché ci si confronta con un nome, con uno sconosciuto, che non si vede. Quando gli incontri con questa persona misteriosa diventano appuntamenti, ogni notte, quando non ci sono più segreti e finalmente si trova qualcuno che sembra condividere ed apprezzare le tue idee, può nascere anche un amore e improvvisamente la persona sconosciuta ti conosce meglio di un ipotetico fratello, diventa una parte di te. Passi le giornate a pensare ad un nome perché non sai nemmeno come possa essere l'aspetto reale, provi ad immaginare, a sognare. Mi ritrovai improvvisamente con una nuova voglia di sognare, di vivere e di guarire senza nascondere niente. La sera aprivo la chat con la speranza di vedere quel nome, anche senza sapere com'era fisicamente, qual era la voce, mi bastava così, avevo l'impressione di conoscere veramente questa persona, meglio di tante altre che frequentavo ogni giorno. Senza avere immagini o sentire voci, ci si può soffermare molto di più sui pensieri, su quello che abbiamo dentro. Le ore passavano velocemente e in un attimo arrivavano le sei di mattina, andavo a dormire felice anche se avevo ancora molti problemi, mi immaginavo la persona con la quale avevo parlato per tutta la notte, nella vita di tutti i giorni. Non riuscivo più a farne a meno, mi sentivo pronto o almeno sentivo la voglia di affrontare e accettare le sfide più difficili, come lo é stato veramente, pur di poter essere con lei. Secondo me, internet, i social network e le chat non sono cose negative, come tanti vorrebbero affermare, almeno per me non lo sono state, forse sono stato fortunato, sicuramente ho iniziato dei rapporti con persone molto diverse da me, che nella vita reale non sarebbero mai nati, non solo per la lontananza ma perché sono asociale, sono in difficoltà a socializzare con le persone anche se la pensano come me, e non sarebbe mai scattata una molla che mi avrebbe spinto a conoscere un individuo apparentemente molto distante da ogni punto di vista. La chat mi ha insegnato che in fondo noi esseri umani non siamo molto diversi, però ci mettiamo delle maschere, recitiamo una parte, portiamo avanti un ruolo ed é molto difficile essere liberi ed esprimere i nostri sentimenti. Dal mio punto di vista, usando questi nuovi mezzi molti individui si sono aperti, sbloccati e molti mondi distanti si sono incontrati perché alla fine tutti hanno dei bisogni e sono sempre gli stessi,tutti cercano di fuggire dalla solitudine e tutti hanno bisogno di essere amati. E' bello, può dare forza e coraggio ricevere un messaggio, una mail, sapere che qualcuno ti pensa quando ormai credevi di non essere più in grado di fare niente, ti viene di nuovo la voglia di lottare. Ricordo ancora molto bene le emozioni che provai quando mi accorsi che l'affetto che sentivo per una persona nascosta dietro un nickname era corrisposto.  Dopo anni di delusioni, sconfitte, amori non corrisposti, non mi ero mai sentito così importante. In Passato, quello che facevo avevo sempre l'impressione che venisse ridicolizzato ma da quel momento non più; certo le mie paure erano sempre presenti ma, avevo imparato a conviverci, facevano e fanno parte di me e non le avevo nascoste, mi sentivo amato anche per questo, anche per i miei difetti e le mie debolezze. Il rapporto instaurato con la chat, oltretutto, fu molto utile nel lungo cammino per guarire dagli attacchi di panico perché spinto dall'amore e dalla voglia di vivere al 100% i miei sentimenti, senza privazioni, iniziai con molto coraggio a viaggiare da solo con il treno, mi capitò spesso anche di stare male , senza nessuno vicino a me, in una città sconosciuta, lontano da casa, ma non mi pentii mai di quello che stavo facendo, avevo sembre adrenalina e un'agitazione positiva, sensazioni molto forti che rivivrei volentieri oggi. Amavo le stazioni, il viaggio, ero diventato un esperto di treni! Ogni incontro era magico e mi dava la forza di andare avanti fra l'incomprensione della gente. E' stato difficilissimo rimanere per ore da solo in una stazione, fra sconosciuti, al caldo afoso d'estate, con il capogiro presente quasi sempre. E' stato anche molto complicato fermarsi una settimana lontano da casa. E' stato difficile ma ne é valsa la pena, sono guarito, ci sono voluti degli anni, ma é stato un passaggio necessario. Internet per me, é stato un mezzo molto utile perché oltre ad avermi dato la possibilità di conoscere tante persone in un periodo in cui non avevo  nessuna intenzione e non ero in grado di uscire, mi ha anche permesso di innamorarmi. Probabilmente da solo non avrei avuto la voglia di ricominciare tutto dall'inizio se non avessi avuto la certezza che c'era un'altra persona con la quale stavo bene che mi stava aspettando. Gli attacchi di panico, la depressione tolgono l'entusiasmo, la voglia di vivere, se non avessi trovato una persona che apprezzava quello che dicevo, che ascoltava con interesse quello che raccontavo, probabilmente avrei fatto una brutta fine. Ho dovuto trovare il coraggio e affrontare la vita da solo. Credo che si possa fare solo con l'amore. Da solo, senza speranze, credo che mi sarei lasciato andare. E' importante non sentirsi soli, su internet pian piano sono nati anche i primi forum dedicati ai disturbi di panico e con facebook anche dei gruppi molto utili, perché oltre ad avere un aiuto quasi 24 ore su 24 c'é anche la possibilità di fare nuove amicizie. Quando successe a me la situazione  era un po' diversa nessuno parlava di attacchi di panico, nessuno capiva, neanche gli amici più cari, c'era la paura di dire di avere questi disturbi perché si aveva la certezza che le persone non avrebbero capito, era come vivere fra estranei. Molti vedono un male in questo nuovo tipo di comunicazione, perché dicono che sono molto meglio i rapporti veri. Non sono d'accordo con questa  affermazione perché anche se é vero che su internet ci sono molti pericoli e inganni e non sempre tutte le storie sono vere, anche nella vita di tutti i giorni è così e spesso le persone che si conoscono su internet si ritrovano nella vita reale e i rapporti sono molto più veri e sinceri di quelli che si possono avere nella classica amicizia di compagnia da bar. Magari non é per tutti così ma io sono molto timido e non ho usato la chat inventando falsità per attirare l'attenzione ma al contrario non ho avuto paura di esporre i miei difetti, le mie paure, non ci sarei mai riuscito di persona. E' quasi impossibile guarire da soli, é molto importante essere innamorati, avere un interesse, scrivere, suonare, dipingere, creare qualcosa anche se non siamo professionisti, tutti siamo un po' artisti e abbiamo bisogno di esprimerci. Io passavo le notti a suonare anche se non ho mai imparato veramente. Avevo un malessere interiore che dovevo esprimere in qualche modo, in poco tempo ho registrato tantissime cassette, ho scritto un'agenda di testi, che condividevo con poche persone. Anche questa é stata la mia salvezza perché una cosa da non fare assolutamente é tenere tutto dento. I  testi di queste canzoni erano molto neri, riascoltarli adesso fa quasi impressione perché sembravano scritti da una persona che aveva perso definitivamente ogni speranza, in realtà mi hanno aiutato, come mi ha aiutato la musica in genere, é molto utile sapersi riconoscere in una canzone, in un testo, é molto emozionante e certe canzoni sono diventate una vera e propria colonna sonora di alcuni momenti importanti della mia vita. Molti dicono che bisogna sempre andare avanti e mai guardare il passato, forse ora dirò una cosa che non é molto educativa ma é la mia esperienza quindi non voglio tralasciare nulla. Per guarire non sono dovuto diventare un'altra persona, non sono dovuto diventare positivo, solare, sempre con il sorriso ed ottimista, come mi volevano vedere tutti, ho mantenuto il mio carattere schivo, timido, riservato, pessimista e negativo, questo non so se sia un bene oppure no comunque é la dimostrazione che tutti possono star meglio, anche quelli che sembrano ormai disillusi in ogni cosa. Ho trovato l'orgoglio anche nelle cose che per gli altri non erano positive, ho scoperto l'importanza dell'emarginazione quando ci sentiamo diversi dalla massa e del disagio se  spinge a lottare, bisogna rinascere, non cambiare, bisogna di nuovo imparare ogni cosa, gioire di ogni piccola conquista e non aspettare complimenti che nessuno farà perché nessuno capirà.  Per chi ha questi problemi lo sforzo é doppio e come al solito nessuno se ne accorge e nessuno aspetta. Passarono un po’ di anni e pensai di essere riuscito ad uscire completamente dagli attacchi di panico e dopo curriculum scritti con caratteri giganti per riempire il foglio, perché non avevo esperienze lavorative serie alle mie spalle, dopo estenuanti colloqui, che a volte sogno ancora nei miei  incubi peggiori e ho il terrore di dover di nuovo subire in futuro. Dopo infinite raccomandazioni per cercare di dare una buona impressione, fingere di essere ,spigliato e di avere delle motivazioni per entrare proprio in quell’azienda piuttosto che in un’altra, dare la massima disponibilità, ai turni, al trasferimento, a lavorare nei festivi e rinunciare alla vita privata, cambiai un po’ di lavori, il primo, quello un po’ più lungo che è durato sei mesi, fu il rappresentante porta a porta di un famoso aspirapolvere. Una vera e propria sfida, prima di tutto per gli attacchi di panico che non erano ancora completamente sconfitti e poi perché dovevo fare proprio il rappresentante che deve essere sempre allegro, spigliato, proprio io che ero e sono ancora  l’opposto. Di quel lavoro mi piaceva solo il fatto che non c’era un ufficio, cambiavamo spesso zona ed ero sempre in macchina. Dopo altre esperienze negative finii in un ufficio a vendere olio, in un call center, per me fu incredibile perché era quello che da adolescente avevo sempre temuto, lavorare in un ufficio, tutto il giorno in una stanza, ma questo lavoro, se possibile fu ancora peggio perché dovevo telefonare, parlare, dire cose in cui non credevo per tutto il giorno, ma non era abbastanza, perché ero un cococo, senza mutua, ferie e senza stipendio fisso  perché prendevo le provvigioni solo se vendevo. In pratica ero un rappresentante telefonico senza l’unica cosa che mi piaceva del fare il rappresentante, cioè il viaggio. Quando in passato ricevevo telefonate dai call center mi chiedevo sempre come facessero certe persone a fare un lavoro così brutto, ho sempre avuto il terrore di finirci anch’io perché con la mia timidezza non avrei concluso niente e non ne sarei uscito vivo o sano. Nonostante tutto con mio grande stupore, forse anche dopo le esperienze allucinanti dei lavori precedenti per un bel po’ di mesi mi trovai bene, riuscivo a vendere e prendevo uno stipendio accettabile e proprio in questo periodo mentre ero quasi contento pian piano tornarono gli attacchi di panico, non come prima perché ormai li conoscevo ma sempre bruttissimi perché non sapevo come liberarmene. Stetti male quasi tutti i giorni in un anno, appena uscivo dall'ufficio correvo verso la mia macchina con la sensazione di svenire e appena ci salivo mi passavano, fu difficilissimo vivere così, anche se cercavo di non pensarci. A volte partivo da casa per andare al lavoro e poi non riuscivo ad entrare perché stavo troppo male, dovevo tornare indietro, oltretutto è stato quell’anno, il 2003 mi pare, in cui ci fu un’estate afosa, soffocante, che aggravò ancora di più il mio malessere, naturalmente  cercai sempre di nascondere tutto perché chi mi avrebbe capito? Il medico mi consigliò di prendere il sereupin, inizialmente mi creò ancora più problemi, ero continuamente stanco, avevo sempre sonno e una volta mi spaventai perché sentii una specie di formicolio in testa, purtroppo non si può smettere immediatamente di prendere quel farmaco, dopo un po' di mesi comunque decisi di interrompere lentamente questa cura. Si può riuscire a  superare questi problemi anche senza psicofarmaci, sono pericolosi, bisogna cercare di eliminare le cause del nostro male, non nasconderle con una pillola o con le gocce. Cercai di limitare più possibile en e sereupin che mi intontivano solamente. In ogni caso l'esperienza al call center peggiorava sempre più e dopo un anno e mezzo dopo aver preso uno stipendio da fame e aver lavorato tutti i giorni otto ore cercando di mantenere sotto controllo gli attacchi di panico, decisi di licenziarmi e di provare a cercare lavoro nelle famigerate agenzie per il lavoro interinale!  Mi trovarono un posto in un altro call center dove lavoro attualmente da quasi otto anni, dove trovai le stesse difficoltà di prima, inizialmente  tutto bene o quasi e poi attacchi di panico, questa volta ci furono dei problemi perché non ero più un precario ma assunto con un contratto a tempo indeterminato. Il lavoro, se non é gratificante non aiuta a guarire dagli attacchi di panico, soprattutto se é un lavoro stressante dove c'é un obiettivo e si é sottoposti a continui ricatti, pressioni, trasferimenti, solo per creare nel lavoratore disagio. In poche parole mobbing, un grosso problema, sottovalutato in Italia. I datori di lavoro non riconoscono lo stress che procura un determinato lavoro, non credono alle persone malate di panico. E' molto difficile lavorare prendendo farmaci pesanti che provocano sonnolenza, stanchezza, ma i padroni non vogliono sentire ragioni, non vogliono persone poco produttive, vogliono "risorse umane" sempre efficenti da sfruttare a loro piacimento, come machine che se si rompono si possano buttare via. Questa é la situazione che ho vissuto e che sto vivendo. Dieci anni fa c'era la paura di dire di avere gli attacchi di panico perché la gente diceva "questo é un malato di mente" mentre ora capita spesso di sentira commenti su chi ha attacchi di panico del tipo: "Questo non ha voglia di lavorare" E' cambiata un po' la situazione anche se per chi ne soffre é umiliante.  In questi anni ho provato tante volte a cercare di capire il perché, la motivazione, la causa dei miei attacchi di panico, prima di tutto c’è un fattore fisiologico, cioè l’ipersensibilità all’anidride carbonica che fa scattare l’allarme da soffocamento e poi  probabilmente la causa è da cercare nel mio passato, nelle mie insicurezze, nei miei tentativi di essere come gli altri e nel cercare di fare sempre contenti tutti, dimenticando i miei veri bisogni. Lo stress della società in cui viviamo, il modello sociale e culturale al quale apparteniamo condizionano le nostre scelte, il più delle volte non siamo liberi in quello che facciamo, che diciamo, gli attacchi di panico sono una ribellione del nostro corpo quando la vita che facciamo non ci  piace più. Per questo, per la nostra salute, sarebbe meglio fare solo le cose che sentiamo, che vogliamo e non passare la vita a cercare di realizzare quello che hanno deciso altri, dovremmo fregarcene di più del giudizio della gente e cercare di essere il più possibile noi stessi, ma, non possiamo nascondere che la libertà manca, a volte siamo convinti di essere liberi ma siamo solo burattini e se ci ribelliamo ci buttano via, lo spettacolo della nostra vita ha un copione che non abbiamo scritto noi, la nostra parte non l’abbiamo decisa noi, a chi piace, recita bene e non ha bisogno di niente, può essere felice anche in catene ma, chi non si sente a proprio agio può solo soffocare se non scappa!